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Un decreto del MITE stabilisce che i materiali derivanti da costruzioni e demolizioni cessano di essere rifiuti.

Il provvedimento era molto atteso dagli operatori del settore e fissa i paletti affinché cessi di essere considerato rifiuto l’aggregato recuperato, ossia gli scarti edili derivanti dalle opere di costruzione e di ristrutturazione degli edifici.

Cos’è l’End Of Waste

Il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani lo scorso 15 luglio ha firmato il Decreto che ridefinisce i criteri per il recupero dei rifiuti da costruzione e per il riutilizzo degli scarti in edilizia.

I materiali residui dalle attività di demolizione e costruzione di fatto smettono di essere considerati rifiuti per poter entrare in un ciclo di recupero.

Il Decreto Ministeriale contiene le procedure di sicurezza, approvate dal Consiglio di Stato e dalla Commissione Europea, per la produzione di aggregati riciclati dai rifiuti da costruzione inerti: si tratta di un regolamento in materia di End of Waste che stabilisce quali rifiuti rientrano nel provvedimento, quali sono i criteri di conformità da rispettare per poter cessare di essere rifiuto e quali sono gli scopi specifici di utilizzabilità.

Il riutilizzo degli scarti inerti

Secondo i dati contenuti nel Piano nazionale di gestione dei rifiuti, in Italia i rifiuti edili sono circa 70 milioni di tonnellate.

Il provvedimento quindi va nella direzione del contenimento degli sprechi a livello di materiali, permettendone il recupero e il riutilizzo secondo specifici criteri definiti dal regolamento.

Si tratta di un materiale che ha un effettivo valore economico e per il quale esiste un vero e proprio mercato: esso può essere utilizzato, in sostituzione della materia prima naturale, per la realizzazione di opere di ingegneria civile e destinato, per esempio, a sottofondi stradali, a riempimenti o a confezionamento di calcestruzzi.

Le condizioni per il recupero

Per poter essere recuperato, il materiale deve soddisfare specifici criteri e condizioni, quali:

  • si tratta di una sostanza comunemente utilizzata per scopi specifici;
  • esiste un mercato o una domanda per tale sostanza;
  • la sostanza soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti;
  • l’utilizzo della sostanza non avrà impatti negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

La fase di monitoraggio

Per monitorare l’efficacia del provvedimento, è stato stabilito un periodo di 180 giorni, dopo i quali si potranno anche effettuare delle revisioni dei criteri o delle rettifiche circa la qualifica di rifiuto da costruzione riciclabile.

Gli operatori del settore a loro volta avranno a disposizione 6 mesi per adeguarsi alle nuove disposizioni.

Durante questo periodo transitorio, le novità non si applicheranno ai materiali già prodotti alla data di entrata in vigore del decreto, né tanto meno a quelli che risultano utilizzati in procedure già autorizzate.

 

Ci siamo. Questo è il periodo giusto. Ma anche il più caotico per gli studenti alla ricerca di una stanza in affitto. Adesso è il momento per cercare una casa da condividere o una stanza in affitto nelle grandi città, specie quelle universitarie, dove a settembre si riprende a studiare.

Per migliaia di studenti si aprono le porte (ma spesso si chiudono anche, vista l’elevata domanda) a soluzioni abitative tra le più variegate: stanze singole o appartamenti in condivisione. Ma questa non è impresa semplice. Meglio seguire un vademecum chiaro di consigli.

La scelta della città

Una scelta a volte strategica o basata sulle personali esigenze. Tra i parametri, dovrete la vicinanza rispetto all’Ateneo universitario, l’offerta formativa e l’obbligo o meno di frequenza, le vostre esigenze di tempo libero, l’economicità o meno del posto.

I mezzi pubblici

Prima di scegliere una casa più distante dalla città, ma decisamente più economica, assicurarsi che ci siano i mezzi per andare a lezione senza troppo stress.

Il periodo migliore

Per cercare una dimora è luglio e primi di agosto, il mese in cui le stanze si liberano e in cui vengono rimesse in affitto. A metà agosto l’impresa si fa più ardua.

Prima di prendere in affitto una stanza, dedicate qualche giorno alla città in cui avete scelto di vivere, passandoci 4-5 giorni in relax, familiarizzando con i posti e i quartieri.

La ricerca su internet

Va affinata utilizzando filtri e parametri. Inutile perdere tempo nella ricerca di case con soluzioni che non sono alla portata.

Imparare l’autonomia

Potrebbe essere un buon consigli da dare ai ragazzi è quello di evitare di presentarsi con mamma o papà alla visita di una casa. Una buona lezione è imparare a cavarsela da soli, senza mai

Quanti coinquilini?

Il numero di persone con cui condividere la casa è importante e spesso si affitta a scatola chiusa, senza conoscere le persone con cui divideremo un anno intero della nostra vita abitativa. Il numero ideale di persone si attesta tra i 3 e i 4.

Meglio fare il contratto

Garantisce massime tutele. Inoltre, i genitori possono scaricare nel 730 i soldi spesi.

Le domande da fare al proprietario di casa:

  • Nell’affitto c’è qualche bolletta inclusa?
  • C’è la caldaia o lo scaldabagno?
  • Quante caparre in anticipo sono richieste?

A questo punto, se le risposte sono soddisfacenti, il posto piace e l’affare sembra fatto, bisogna bloccare subito la stanza! La concorrenza è tanta e si rischia di perdere ulteriore tempo prezioso.

 

La ristrutturazione di un immobile è un’operazione molto impegnativa anche sotto il profilo economico, ma talvolta si rende necessaria in caso di acquisto o eredità di una casa un po’ datata da mettere a norma o da adattare alle proprie esigenze.

Vediamo come procedere e quali sono i costi da sostenere.

Considerazioni preliminari prima di iniziare la ristrutturazione

Innanzitutto gli interventi possono essere molto diversi a seconda della situazione dell’immobile e delle esigenze del committente, e pertanto la durata dei lavori e i costi possono variare moltissimo.

Inoltre, i costi da sostenere variano anche in base alla regione italiana, in quanto i prezzi sono più bassi al Sud.

Bisogna poi considerare gli aspetti burocratici, poiché, specie per gli interventi più importanti, ogni tipologia di opera da effettuare richiede un iter burocratico per le autorizzazioni, che ha dei propri costi.

Infine a volte il prezzo preventivato dalla stima iniziale può non corrispondere al costo definitivo degli interventi di ristrutturazione, in quanto il prezzo calcolato in fase di preventivo può essere soggetto a variazioni in corso d’opera, spesso in aumento.

Le cause sono le più svariate: l’insorgenza di difficoltà nell’esecuzione o nel completamento dei lavori per motivi tecnici o la necessità di effettuare delle modifiche non previste nel progetto iniziale.

In genere, occorre calcolare un eventuale aumento del costo totale del 15-20%.

I costi della ristrutturazione

In linea di massima, il prezzo di una ristrutturazione si aggira intorno ai 300-500 euro al metro quadrato.

Per un appartamento di 100 metri quadri, quindi, la ristrutturazione potrebbe costare circa 30.000-50.000 euro.

Il prezzo effettivo dipende da una serie di fattori:

  • le condizioni iniziali in cui si trova l’immobile;
  • la qualità dei materiali utilizzati;
  • il costo della manodopera;
  • la zona o la città in cui si trova l’immobile;
  • gli imprevisti che possono sorgere.

Inoltre, ogni opera che viene effettuata ha un’incidenza diversa sul costo finale.

Vediamo le voci principali:

  • le demolizioni incidono nella misura del 15%;
  • il rifacimento degli impianti – idraulico, termico, elettrico, ma anche eventualmente solare, domotico – è ciò che pesa maggiormente e su cui è meglio non risparmiare, e rappresenta il 40% del costo finale;
  • le ricostruzioni sono circa il 15% del totale;
  • la posa in opera di pavimenti e rivestimenti incidono per il 15% circa;
  • la pittura rappresenta il 10% del costo.

Bonus ristrutturazioni

È possibile usufruire anche di diversi incentivi statali, sotto forma di detrazioni, sconti in fattura, cessioni di credito, che possono aiutare ad affrontare queste spese.

Una delle agevolazioni più convenienti è il Bonus ristrutturazioni, grazie al quale è possibile recuperare il 50% della spesa sostenuta per le ristrutturazioni in 10 anni sotto forma di detrazioni, entro il limite complessivo massimo di 96.000 euro.

Le temperature bollenti di questi giorni sembrano più estive che primaverili. Tuttavia, il costo dell’energia impone particolare attenzione per il consumo dei dispositivi domestici. Scopriamo come rinfrescare casa risparmiando e senza usare il condizionatore.

Per evitare che la temperatura in casa salga eccessivamente, il primo passo da compiere è dotarsi di tende da sole efficienti. Creando ombra negli interni di casa, le stanze rimarranno fresche e non accumuleranno calore durante la giornata. Per rinfrescare casa bisogna lasciare chiuse le tende durante le ore più calde.

Le piante in casa sono sempre l’opzione giusta, per tantissimi motivi e, non ultimo, per rinfrescare casa senza spendere troppo. Circondarsi di piante, e posizionarle sul davanzale delle finestre, aiuterà molto più di quanto si possa immaginare ad abbassare la temperatura, il verde infatti assorbe il calore e contribuisce a mantenere il fresco nelle stanze.

Tra le dotazioni irrinunciabili per rinfrescare casa risparmiando ci sono gli infissi per garantire un corretto isolamento termico. Installandone di nuovi e magari più efficienti, sarà utile non solo per tenere il calore fuori, ma anche per isolarsi dal freddo esterno in inverno.

Le fonti di illuminazione concorrono ad aumentare la temperatura in casa, aumentando anche la percezione di caldo. Nei giorni più caldi, quindi, bisognerebbe ridurre al minimo l’utilizzo delle lampadine, sfruttando al massimo la luce naturale. In ogni caso, è sempre consigliabile puntare sulle lampadine a LED, che consumano molto meno (circa l’80%) e non scaldano la stanza.

Ma le luci non sono l’unica fonte di calore in casa. Per rinfrescare gli ambienti domestici bisognerebbe evitare di usare anche il forno. Ma anche dispositivi elettronici come il pc o la tv tendono a scaldarsi e trasferire il calore nel resto della casa. Per quanto riguarda il computer portatile, un sostegno con ventole aiuta a raffreddarli e quindi emana meno calore.

 

Se nel 2021 hai acquistato, ristrutturato o costruito la prima casa, puoi detrarre le spese dell’eventuale mutuo che hai dovuto chiedere dalla dichiarazione dei redditi. Ecco cosa devi fare e in quale percentuale puoi detrarre il mutuo dal 730.

Detrazione degli interessi passivi del mutuo dal 730

È possibile detrarre dal 730 una quota degli interessi passivi del finanziamento, in particolare il 19 per cento degli interessi passivi sul mutuo, per un massimo di 4 mila euro (per una detrazione massima di 760 euro), per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale. Si possono detrarre anche gli interessi passivi legati all’acquisto di immobili diversi (per un massimo di 2.065,83 euro), agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (solamente per i mutui contratti nel 1997, per un massimo di 2.582,28 euro), al miglioramento a breve medio e lungo termine in campo agricolo.

Come indicare la detrazione degli interessi passivi sul mutuo nel 730

La detrazione fiscale del 19% degli interessi passivi va indicata:

  • per i mutui ipotecari acquisto dell’abitazione principale nel rigo E7;
  • Per i mutui ipotecari per l’acquisto di altri immobili, righi da E8 a E10, codice 8;
  • Per i mutui contratti nel 1997 per interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione righi da E8 a E10, codice 9.

Altri costi del mutuo detraibili dalla dichiarazione dei redditi

Oltre agli interessi passivi, sono detraibili dal 730 anche gli oneri accessori sul mutuo, le commissioni agli istituti di credito ed eventuali oneri fiscali e aggiuntivi. Sono detraibili anche le spese notarili, le perizie tecniche, le spese per l’apertura di un conto corrente ad hoc.

Mutuo, quali spese non sono detraibili dal 730

Di contro, non si possono detrarre dal 730 i costi delle polizze stipulate in concomitanza con l’accensione del mutuo, gli interessi passivi legati ad aperture di credito, cessione dello stipendio, o altri tipi di finanziamento, anche se garantito da un immobile. In caso si accenda un mutuo con sovvenzioni statali, gli interessi passivi su cui calcolare la detrazione sono solo quelli che restano effettivamente in carico del contribuente.

Come si detraggono gli interessi del mutuo cointestato

In caso di mutuo cointestato, la detrazione degli interessi passivi spetta in parti uguali ad ogni intestatario, a prescindere dalla quota di proprietà della casa. Solo se la casa è cointestata ma il mutuo è in capo a una persona sola, questa potrà detrarre il mutuo al 100 per cento, anche in caso si tratti di due coniugi. L’importo massimo detraibile rimane di 4 mila euro, anche in caso di più cointestatari.

Detrazione degli interessi passivi sul mutuo per coniugi separati

Le disposizioni per la detrazione degli interessi passivi sul mutuo cointestato in parti uguali, per un massimo di 2 mila euro ciascuno, valgono anche in caso di coniugi separati legalmente, purché siano ancora cointestatari del mutuo e della casa.

Detrazione degli interessi passivi sul mutuo per coniugi a carico

In caso due coniugi siano cointestatari di una casa e del relativo mutuo, ma uno dei due coniugi sia fiscalmente a carico dell’altro, quest’ultimo può detrarre il 100 per cento degli interessi passivi.

 

L’era dei mutui super convenienti sembra essere definitivamente avviata alla fine. Inflazione e conflitto in Ucraina hanno accelerato il ritorno dei tassi di interesse sui mutui in territorio positivo, rendendo più cari soprattutto i mutui a tasso fisso, ma c’è incertezza anche per quanto riguarda il prossimo andamento dei mutui a tasso variabile. Vediamo di quanto sono aumentati i tassi dei mutui qual è la situazione attuale in confronto a quella di qualche mese fa.

Andamento dei tassi Eurirs ed Euribor da inizio anno

Da inizio anno, i tassi di riferimento per i mutui a tasso variabile e, soprattutto, a tasso fisso hanno mostrato ampi movimenti.

Per quanto riguarda l’Euribor, riferimento per i mutui a tasso variabile, il confronto tra i tassi rilevati al 4 gennaio e al 4 maggio vede una scadenza a un mese cambiata da -0.58 a -0.54, la scadenza a tre mesi da -0.57 a -0.43, la scadenza a sei mesi da -0.54 a -0.21. Una situazione quindi in cui si resta ampiamente sotto lo zero ma in cui i mutui a tasso variabile sono stati ritoccati al rialzo, soprattutto in riferimento alla scadenza a tre mesi che è quella comunemente utilizzata per i mutui di questo tipo in Italia.

Per quanto riguarda i mutui a tasso fisso, i movimento al rialzo è ancora più marcato. Tra il 4 gennaio e il 4 maggio abbiamo infatti un tasso Eurirs variato da  0.34 a 1.78 per la scadenza a dieci anni; da 0.53 a 1.89 per la scadenza a 15 anni; da 0.59 a 1.78 per la scadenza a 20 anni; da 0.57 a 1.62 per la scadenza a 25 anni; da 0.53 a 147 per la scadenza a 30 anni.

Ulteriori ritocchi al rialzo sono dovuti agli aggiustamenti degli spread bancari e sono attesi durante l’anno qualora, come è probabile, la Bce dovesse decidere di alzare i tassi di interesse.

Rate del mutuo in aumento

Vari istituti affermano che tutte le banche hanno alzato gli spread, alcune anche raddoppiandoli, altre di circa il 50%. In media possiamo dire che all’inizio dell’anno si potevano ottenere mutui a tasso fisso nell’ambito dello 0,80% – 1% e che ora sono aumentati all’1,80% – 2,50%.

I titolari di mutui dovranno quindi pagare più interessi sui prestiti per finanziare l’acquisto di una casa. Tralasciando i costi che il cliente deve assumersi (come la perizia dell’immobile o le tasse legate all’operazione di vendita), il costo aggiuntivo dovuto all’aumento degli interessi, secondo il Codacons, si avvicina ai 9.000 euro annui.

Va ricordato che più lunga è la durata per del prestito, maggiore è l’interesse che il consumatore deve assumersi. Pertanto, l’impatto del rialzo dei tassi di interesse è maggiore nei mutui a 30 anni rispetto a quelli sottoscritti a 10 o 20 anni.

Particolarmente colpiti saranno i giovani, poiché sono più propensi a richiedere termini di finanziamento più lunghi rispetto ai consumatori di altre fasce di età. Peraltro, i mutui concessi agli under 36 potrebbero riscontrare uno stop.

 

La stipula di un contratto d’affitto ad uso transitorio conviene quando l’esigenza alla base della locazione è circoscritta ad un periodo di tempo limitato. Scopriamo quali sono le caratteristiche principali di questa formula contrattuale.

contratti di locazione di natura transitoria sono particolarmente flessibili e, per questo, sempre più utilizzati. Con questa tipologia di contratto, il locatore mette a disposizione di un conduttore un immobile per esigenze temporanee e non turistiche.

Normativa di riferimento del contratto di locazione di natura transitoria

I contratti di locazione di natura transitoria sono disciplinati dall’art. 5 della legge n. 431/1998 e dall’art. 2 del Decreto Ministeriale del 5 marzo 1999, sostituito dal Decreto del 30 dicembre 2002. Pena nullità, questa tipologia di contratto deve essere redatto in forma scritta, utilizzando i modelli di locazione predisposti dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, e deve essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione è obbligatoria perché i contratti di locazione ad uso transitorio hanno una durata superiore ai 30 giorni.

All’interno del contratto d’affitto è necessario inserire le generalità delle parti, la descrizione dell’immobile in locazione, l’importo del canone pattuito, la modalità di versamento del canone, la durata del contratto e la clausola con la quale il conduttore dichiara di aver preso visione dell’APE.

Esigenza transitoria: cos’è

Quando si compila il modello del contratto di locazione di natura transitoria è fondamentale dare indicazione dell’esigenza transitoria che sta alla base della stipula del contratto d’affitto. Ciò che bisogna fare è allegare tutta la documentazione che prova quanto affermato all’interno del contratto.

Ad esempio, se il motivo della transitorietà è un’esigenza lavorativa, occorre allegare al contratto di locazione il contratto di lavoro subordinato del conduttore. Se questa indicazione viene omessa, il contratto di locazione di natura transitoria si trasforma in contratto d’affitto a canone libero e la sua durata sarà di quattro anni, rinnovabili per altri quattro.

I contratti ad uso transitorio, quindi, hanno l’obiettivo di permettere alle parti di stipulare un contratto in grado di adattarsi ad esigenze temporanee. Il motivo della transitorietà può essere non solo legato ad un’esigenza lavorativa, ma anche ad esigenze di studio. Una tendenza molto diffusa, infatti, è attivare contratti di locazione di natura transitoria per studenti universitari.

Contratto di locazione di natura transitoria: durata, rinnovo e canone

La durata dei contratti di locazione di natura transitoria è disciplinata dalla legge. Essa va da un minimo di 30 giorni fino ad un massimo di 18 mesi. Dopo la naturale scadenza del contratto, è possibile rinnovarlo, purché l’esigenza transitoria del conduttore perduri. In questo caso, è indispensabile che il conduttore provveda a comunicare all’altra parte il protrarsi dell’esigenza transitoria a mezzo raccomandata.

Per quanto riguarda l’ammontare dell’affitto, il contratto di locazione di natura transitoria è a canone concordato: può essere liberamente pattuito da conduttore e locatore, fatta eccezione per le città italiane considerate ad alta densità abitativa, come Roma, Milano, Torino e Venezia.

 

Il conflitto in Ucraina e l’inflazione per ora non hanno modificato l’andamento della domanda di mutui prima casa da parte delle famiglie rispetto al recente passato. Tiene la domanda di nuovi mutui grazie agli under 35, che arrivano a pesare per il 34,5% sul totale. L’incidenza delle surroghe cala ancora e si attesta al 14%. In aumento anche l’importo medio richiesto. Queste le principali evidenze dell’ultimo Barometro Mutui Crif.

Chiedere un mutuo nel 2022

La richiesta di mutui nel marzo 2022, secondo Crif, ha visto un -25,8% a causa del costante ridimensionamento delle surroghe (il cui peso arriva a spiegare il 14% del totale). Consolidando la vista a livello di l primo trimestre dell’anno si conferma l’andamento divergente, con le richieste di mutui immobiliari che segnano un
-25,5% mentre i prestiti, nel complesso di personali più finalizzati, crescono del +24,3% rispetto al corrispondente periodo del 2021.

Mutui prima casa giovani under 36

Tuttavia, se guardiamo i nuovi mutui, i volumi di richiesta mostrano una sostanziale tenuta. Il merito è in particolare della vivacità degli under 35,  che mostrano un’incidenza stabilmente superiore al 30% del totale ed esercitano un ruolo di traino sull’intero comparto. In questo contesto da segnalare un altro fenomeno positivo, accelerato dalla diffusione della pandemia negli ultimi due anni, rappresentato dal flusso di richieste indirizzato verso le piattaforme di operatori digitali, che nel I trimestre del 2022 è cresciuto del +178% rispetto allo stesso periodo del 2021, con una accentuazione marcata tra i consumatori della Generazione Z, che fanno segnare una crescita addirittura del +350% A seguire i Baby Boomers, con un +183%, e i Millennnials, con un +165%, a riprova del fatto che la domanda digitale è ormai un fenomeno transgenerazionale”.

 Mutuo prima casa, in quanto tempo si rimborsa

In questa fase di incertezza va segnalato come gli italiani continuino a privilegiare piani di rimborso più lunghi dei mutui prima casa, con oltre l’80% delle richieste che prevede una durata superiore ai 15 anni.

L’importo medio richiesto, invece, nel mese di marzo si è attestato a 143.423 euro, in crescita del +4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

 

Il temuto rincaro delle bollette dell’energia è ormai realtà. È importante tenere a mente che, oltre agli interventi pubblici per il contenimento dei rincari, ci sono alcuni accorgimenti e buone abitudini che si possono adottare per evitare sprechi e risparmiare. Ecco quindi 4 essenziali mosse per ridurre i consumi in modo da tagliare i costi in bolletta e, allo stesso tempo, adottare dei comportamenti più sostenibili nel rispetto dell’ambiente.

Effettuare la manutenzione della caldaia

Oltre ad un utilizzo oculato del riscaldamento, una delle mosse più importanti per ridurre i costi della bolletta del gas consiste nella regolare manutenzione della caldaia che deve essere effettuata ogni anno. Il suo controllo risulta indispensabile, non solo perché previsto dalla legge, ma anche perché permette di individuare la presenza di eventuali anomalie che potrebbero provocare sprechi di gas. Altra buona abitudine da adottare è spegnere la caldaia quando non la si utilizza, ad esempio nelle ore notturne. Nel caso in cui si debba, invece, installarne una nuova, è bene preferire i modelli a condensazione che sono più efficienti e, in abbinamento ai pannelli radianti, consentono di risparmiare fino al 30% in bolletta.

Valutare fonti di riscaldamento alternative

Una valida soluzione per ottimizzare i consumi e risparmiare sul riscaldamento a metano, consiste nell’installazione di pompe di calore o pavimenti riscaldanti attraverso pannelli radianti. Se poi si volesse avere anche un maggiore impatto positivo sull’ambiente, l’ideale è l’installazione di pannelli fotovoltaici. Un intervento più impegnativo ma che nel lungo periodo assicura molteplici benefici, soprattutto quando è eseguito da professionisti qualificati. Questa scelta energetica alternativa e sostenibile, permette anche di accedere ai bonus stanziati dal Governo, applicabili su interventi di diverso tipo, quali lavori di ristrutturazione o di riqualificazione energetica.

Scegliere elettrodomestici più performanti

Qualora fosse necessario sostituire uno o più elettrodomestici, l’ideale per ridurre in modo significativo i consumi è preferire quelli di categoria superiore, con una classe energetica più performante e dunque non inferiore ad A+. Ogni elettrodomestico, dalla tv alla lavatrice, ha il suo consumo di energia elettrica e per ciascuno di essi l’adozione di piccoli accorgimenti consente di evitare inutili sprechi. Una mossa semplice e poco invasiva per ridurre il costo medio derivante dagli apparecchi tecnologici presente in bolletta è usarli con accortezza e non lasciarli in stand by. Per alcuni elettrodomestici, poi, è possibile impostare anche funzionalità e programmi per incidere positivamente sul consumo. Ad esempio, nel caso del frigorifero che resta sempre acceso, si può impostare una temperatura più alta rispetto alla minima, che è più dispendiosa, per avere un duplice beneficio: ridurre i consumi e risparmiare.

Preferire le lampadine a LED

Sostituire le vecchie lampade a incandescenza con quelle a LED di ultima generazione è una scelta che permette di risparmiare in bolletta. Nonostante il costo più elevato rispetto a quelle tradizionali, le lampadine a LED sono più efficienti e durano circa 15/25 volte di più. Uno stratagemma semplice e non invasivo per tagliare i costi in bolletta.

 

Vasca da bagno o box doccia, cosa è meglio?

I principali vantaggi della doccia sono che consente di risparmiare spazio, acqua e migliorare sia la sicurezza che l’accessibilità. Inoltre, la pulizia è più facile. In compenso, la doccia è meno rilassante e, se in casa ci sono bambini piccoli, non è l’opzione migliore.

La vasca invece è perfetta per fare il bagno ai più piccoli, per rilassarsi o anche per alleviare alcuni disturbi e può essere anche molto estetica. Occupa però molto spazio e il consumo di acqua che comporta è elevato.

Voglio vendere o affittare, lascio la vasca o metto la doccia?

Scegliere di lasciare la vasca da bagno o realizzare un box doccia può essere una decisione complicata quando l’intenzione è quella di vendere o affittare. I propri gusti e le proprie esigenze possono essere molto diverse da quelle degli altri. Dunque, prima di decidere, conviene tenere conto di alcuni aspetti fondamentali.

Se c’è un solo bagno in casa ed è piccolo, la doccia è un’opzione migliore, poiché la stanza sembrerà sempre più grande e, quindi, più attraente.

Nel caso in cui ci siano due o più bagni in casa, l’ideale è optare per una soluzione intermedia: lasciare una vasca in uno di essi e optare per le docce negli altri.

Se l’idea è un affitto giovane, come ad esempio per gli studenti, una vasca da bagno non ha molto senso. In questo caso la comodità e la velocità di utilizzo giocano a favore della doccia.

Se invece quello che si cerca è un affitto per giovani coppie o famiglie, la vasca da bagno è un’opzione da non sottovalutare.

In generale si ritiene che la doccia rappresenti un fattore importante per rivalutare la casa.

Inoltre, il cambio è un modo semplice e veloce per ammodernare il bagno e dargli un aspetto più attuale senza dover effettuare grandi lavori.

Nel caso di case di un certo livello, l’estetica è un fattore chiave. In questo senso, le vasche da bagno sono più attraenti delle docce, sebbene anche queste possano essere sorprendenti.

Bisogna infine considerare che la doccia apre la gamma di possibili inquilini o acquirenti a persone di una certa età o con qualche problema di mobilità.

 

Scegliere tra doccia e vasca da bagno non è facile, soprattutto quando l’obiettivo è vendere o affittare. Ma c’è un’opzione intermedia che permette di godere di entrambi quando il bagno è abbastanza grande: basta posizionare la vasca sul fondo e proprio davanti o accanto alla doccia.

In ogni caso, un piccolo lavoro, sia per sostituire la vasca con doccia, sia per installare una vasca decorativa, rivaluta la casa ben al di sopra dell’investimento.

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