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Se nel 2021 hai acquistato, ristrutturato o costruito la prima casa, puoi detrarre le spese dell’eventuale mutuo che hai dovuto chiedere dalla dichiarazione dei redditi. Ecco cosa devi fare e in quale percentuale puoi detrarre il mutuo dal 730.

Detrazione degli interessi passivi del mutuo dal 730

È possibile detrarre dal 730 una quota degli interessi passivi del finanziamento, in particolare il 19 per cento degli interessi passivi sul mutuo, per un massimo di 4 mila euro (per una detrazione massima di 760 euro), per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale. Si possono detrarre anche gli interessi passivi legati all’acquisto di immobili diversi (per un massimo di 2.065,83 euro), agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (solamente per i mutui contratti nel 1997, per un massimo di 2.582,28 euro), al miglioramento a breve medio e lungo termine in campo agricolo.

Come indicare la detrazione degli interessi passivi sul mutuo nel 730

La detrazione fiscale del 19% degli interessi passivi va indicata:

  • per i mutui ipotecari acquisto dell’abitazione principale nel rigo E7;
  • Per i mutui ipotecari per l’acquisto di altri immobili, righi da E8 a E10, codice 8;
  • Per i mutui contratti nel 1997 per interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione righi da E8 a E10, codice 9.

Altri costi del mutuo detraibili dalla dichiarazione dei redditi

Oltre agli interessi passivi, sono detraibili dal 730 anche gli oneri accessori sul mutuo, le commissioni agli istituti di credito ed eventuali oneri fiscali e aggiuntivi. Sono detraibili anche le spese notarili, le perizie tecniche, le spese per l’apertura di un conto corrente ad hoc.

Mutuo, quali spese non sono detraibili dal 730

Di contro, non si possono detrarre dal 730 i costi delle polizze stipulate in concomitanza con l’accensione del mutuo, gli interessi passivi legati ad aperture di credito, cessione dello stipendio, o altri tipi di finanziamento, anche se garantito da un immobile. In caso si accenda un mutuo con sovvenzioni statali, gli interessi passivi su cui calcolare la detrazione sono solo quelli che restano effettivamente in carico del contribuente.

Come si detraggono gli interessi del mutuo cointestato

In caso di mutuo cointestato, la detrazione degli interessi passivi spetta in parti uguali ad ogni intestatario, a prescindere dalla quota di proprietà della casa. Solo se la casa è cointestata ma il mutuo è in capo a una persona sola, questa potrà detrarre il mutuo al 100 per cento, anche in caso si tratti di due coniugi. L’importo massimo detraibile rimane di 4 mila euro, anche in caso di più cointestatari.

Detrazione degli interessi passivi sul mutuo per coniugi separati

Le disposizioni per la detrazione degli interessi passivi sul mutuo cointestato in parti uguali, per un massimo di 2 mila euro ciascuno, valgono anche in caso di coniugi separati legalmente, purché siano ancora cointestatari del mutuo e della casa.

Detrazione degli interessi passivi sul mutuo per coniugi a carico

In caso due coniugi siano cointestatari di una casa e del relativo mutuo, ma uno dei due coniugi sia fiscalmente a carico dell’altro, quest’ultimo può detrarre il 100 per cento degli interessi passivi.

 

Nella legge di bilancio 2022 arriva la proroga del superbonus 110: proroga delsuperbonus 110 sino al 2023  solo per condomini e case popolari, mentre per le case unifamiliari ci sarà una proroga al 2022. Il tetto Isee, prima previsto, è stato invece cancellato. Vediamo tutte le novità sul superbonus 110.

Superbonus 110 proroga 2022 case unifamiliari

La proroga del superbonus 110 arriva anche per le case unifamiliari al 31 dicembre 2022, senza limite Isee di 25mila euro, in virtù di un accordo durante il passaggio parlamentare della legge di bilancio 2022.

Però c’è una condizione: che al 30 giugno 2022 siano stati effettuati almeno il 30% dei lavori del superbonus 110.

La proroga vale per tutte le abitazioni unifamiliari senza differenza di tra prima e seconda casa.

Superbonus proroga al 2023

La proroga al 2023 del superbonus 110 arriva per i condomini e gli IACP. Ma con una novità anche per loro perché a partire dal 2024 scatta il “decalage” della detrazione delle spese sostenute: sarà del 70% nell’anno 2024, del 65% nel 2025.

Proroga al 31 dicembre 2023 per gli immobili di proprietà delle cooperative sempre e quando alla data del 30 giugno 2023 sia stato effettuata il 60% dei lavori.

 

 

 

Il colore Pantone del 2022 si chiama “Very Peri” ed è dedicato al coraggio e alla ripartenza.

Non chiamatelo lilla o solo blu pervinca. E’ il numero ’17-3938′ e lo troveremo nelle vetrine e nei nostri armadi ed a lui è affidato il compito di ispirare carica e creatività in questi tempi difficili.

E’una tonalità di blu pervinca, con sottotono viola e rosso, il colore scelto dall’istituto Pantone, come simbolo del 2022. La nuance eletta per interpretare il nuovo anno mostra un’attitudine vivace e gioiosa, incoraggia la creatività ed esprime fantasia e, per la prima volta, è un neo colore. Gli analisti, infatti, non hanno indicato una tonalità già nota, ma hanno scelto di partire da zero. “Una dinamica tonalità blu pervinca con un vivificante sottotono rosso violaceo fonde la fedeltà e la costanza del blu con l’energia e l’eccitazione del rosso”, dichiara Laurie Pressman, Vice Presidente di Pantone Color Institute, che spiega il perché della scelta: “Grazie ad un nuovo colore, riflettiamo l’innovazione e la trasformazione globale in atto.

La società continua a riconoscere il colore come forma fondamentale di comunicazione ed espressione e la complessità di questa nuova tonalità di blu, infusa di rosso-viola, evidenzia le possibilità che si aprono davanti a noi”.  Con l’elezione del colore dell’anno, dal 2000, Pantone riflette su quanto accaduto nella cultura generale, cercando di esprimere ciò di cui le persone hanno bisogno e la nuance scelta, ad ogni dicembre, finisce con influenzare i trend di design e marketing per tutto l’anno successivo.

L’agevolazione, sottolinea la guida aggiornata dell’Agenzia delle Entrate, è stata prorogata dalla legge di Bilancio 2022 per le spese sostenute negli anni 2022, 2023 e 2024 per acquistare mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori.

La detrazione si ottiene indicando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi e spetta unicamente al contribuente che usufruisce della detrazione per le spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio. Si ha diritto al bonus mobili ed elettrodomestici anche quando il contribuente ha scelto, in alternativa alla fruizione diretta delle detrazioni per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cedere il credito o di esercitare l’opzione per lo sconto in fattura.

In base alle ultime novità, come indicato dalla guida aggiornata sul bonus mobili dell’Agenzia delle Entrate, indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di recupero del patrimonio edilizio, la detrazione del 50% va calcolata su un importo massimo di 10.000 euro per l’anno 2022 e di 5.000 euro per gli anni 2023 e 2024 (il limite era pari a 16.000 euro per gli acquisti effettuati nel 2021) riferito, complessivamente, alle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici. La detrazione deve essere ripartita tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo.

Si ricorda che il bonus mobili rappresenta quella detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici destinati ad arredare un immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio.

Attualmente in Italia sono in vendita oltre 43.000 immobili commerciali, a reddito e sfitti, un numero in significativa crescita, +38%, rispetto allo stesso periodo del 2019 quando il mercato non subiva ancora gli effetti della pandemia da Covid-19. All’aumento dell’offerta è corrisposto un calo dei prezzi che, in due anni, hanno perso il 7%.

Per quanto concerne il Centro Italia ben il 29% dei fondi commerciali della macroarea si trova nella sola città di RomaNapoli, invece, aggrega circa il 12% degli annunci situati al Sud e Palermo il 12,7% di quelli nelle Isole. Nel Nord del Paese la situazione risulta più omogenea: nelle metropoli di Milano e Torino si trovano il 9,4% e il 10% rispettivamente dei negozi in vendita del Nord-Ovest. Ancora più diluita la concentrazione nel Nord-Est: Venezia, infatti, accentra solo il 4,3% degli immobili commerciali dell’area.

L’indagine ha voluto approfondire quanto, a parità di altre caratteristiche come la zona o le condizioni strutturali, gli immobili a reddito – ovvero immobili che vengono messi in vendita già con un affittuario presente nel locale – abbiano un prezzo maggiorato rispetto agli immobili liberi/sfitti. Prendendo in analisi le top 11 città italiane (Milano, Roma, Napoli, Torino, Firenze, Bologna, Genova, Palermo, Catania, Bari, Venezia) di media la maggiorazione di prezzo è pari al 17,6%.

Oggi, ancor più che in passato, per chi investe negli immobili commerciali risulta fondamentale la possibilità di conoscere a priori la redditività del locale. Questo è sempre stato vero ma oggi ha ancora più valore per gli investitori in quanto ci troviamo in un momento storico in cui molte attività si trovano a fare i conti con la crisi economica scatenata dal Covid, come mostra il numero dell’offerta in costante aumento. Dall’altra parte, anche in virtù del calo dei prezzi richiesti, chi sceglie di comprare un fondo sfitto, a parità di condizioni, si assicura un importante risparmio sul prezzo dell’immobile.

A Venezia gli immobili commerciali in vendita a reddito hanno in media un prezzo al metro quadro maggiore del 26,4% rispetto a quelli non a reddito, con una maggiorazione pari a 884 euro al metro quadro. Superano il 20% anche le città di Catania e Torino (23,6% e 20,5%, rispettivamente). Più contenuto l’aumento del prezzo per Bologna e Milano, che si attesta attorno a +13% per gli immobili a reddito. In coda Roma, al +11,3% e Palermo, al +10,1%.

In valore assoluto Venezia è la città in cui la disparità di prezzo al metro quadro tra negozi a reddito e negozi sfitti o liberi è maggiore (+884 euro/mq). Seguono, tutte con una differenza di prezzo di circa la metà rispetto alla città lagunare, Firenze (+478 euro/mq) Napoli (+439 euro/mq), e Milano (+430 euro/mq). Palermo risulta la città dove la forbice di prezzo tra le due tipologie considerate è meno significativa: un fondo commerciale a reddito costa infatti solo 136 euro al metro quadro in più rispetto ad uno libero.

 

Con l’approvazione della manovra in Commissione Bilancio al Senato il 2022 si conferma un nuovo anno di bonus per la casa e, in generale, l’edilizia.

Il Superbonus è stato confermato ma non solo, è stato esteso anche alle cosiddette villette, le case unifamiliari senza nessuna soglia Isee prevista in precedenza, né limitazioni ad abitazioni principali e a termini di comunicazione della Cila. L’unico limite ha una data ed è il 30 giugno 2022, giorno entro il quale dev’essere già stato effettuato il 30% dei lavori previsti.

Le altre novità per Superbonus nel 2022 sono: a conferma della validità fino a 48mila euro anche per gli impianti fotovoltaici e infine un’ulteriore spinta alle energie rinnovabili, con un bonus previsto per gli impianti di produzione elettrica con sistemi di accumulo.

A proposito del bonus facciate, invece, va detto che è l’unico rimasto fuori dalle correzioni della maggioranza: è stato confermato infatti il taglio proposto dal governo che lo ha ridotto dal 90% al 60% nel 2022, ma senza limiti per la spesa.

Un bonus nuovo per il 2022 riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche e prevede il rimborso in cinque anni del 75% della somma spesa nel 2022, questo bonus può essere sfruttato da chi necessita l’installazione di ascensori e montacarichi ma varrà anche per i sistemi di automazione degli impianti negli edifici, incluse le spese per lo smaltimento di quelli più vecchi.

Infine abbiamo le agevolazioni per l’acquisto di mobili (sempre all’interno di un intervento di ristrutturazione) che non solo sono state confermate ma salgono a 10mila euro, contrariamente a quanto prevedeva il testo della manovra che ne proponeva la riduzione a cinque.

Segnali positivi per il mercato immobiliare.

Nei primi sei mesi del 2021 il mattone ha confermato la sua resilienza alla difficile situazione economica dovuta alla pandemia: secondo l’Osservatorio Immobiliare, infatti i prezzi medi richiesti per le abitazioni in vendita in Italia hanno continuato a crescere, segnando un +0,9% nel semestre.

Si conferma l’andamento crescente nel comparto residenziale, dove il numero di transazioni concluse nel primo semestre 2021 è in aumento rispetto sia al 2020 sia al 2019, ritornando al trend ascendente pre-pandemia.

Nei primi sei mesi del 2021 cresce la domanda: +7,2% rispetto al secondo semestre 2020, con tutte le zone in positivo. Molto bene la richiesta di immobili nelle regioni del Sud, con un incremento dell’11,9% se confrontato con il periodo luglio-dicembre 2020.

Secondo quanto analizzato, al di là del miglioramento in atto e delle prospettive positive rispetto al 2020, emerge in maniera chiara il cambiamento dei modelli e delle abitudini di vita e di consumo e, con essi, anche l’utilizzo di spazi, abitazioni e uffici.

Le grandi città rimangono le più quotate.

La casa si conferma ancora una volta il porto sicuro degli italiani, anche in un periodo di crisi economica e incertezze il costante incremento della domanda di abitazioni da acquistare mostra anche come le misure adottate per sostenere il mercato abbiano funzionato: bonus ristrutturazioni e mutui con la garanzia dello Stato stanno portando sempre più italiani a valutare l’idea di comprare una casa più adatta alle nuove esigenze oppure di fare il grande passo del primo acquisto.

Con il decreto Sostegni bis, a breve in arrivo in Gazzetta Ufficiale, entrerà in vigore il bonus mutuo, una garanzia di Stato sull’80% dell’importo per l’acquisto della prima casa da parte degli acquirenti più giovani. Ecco tutti i dettagli sulla misura:

Per l’atteso bonus mutuo, la garanzia di Stato coprirà l’80% del valore dell’immobile e non il 100% come si era inizialmente ipotizzato.

Il beneficio è rivolto ai giovani under 36 che rispettino determinati requisiti ed è una delle misure inserite nel Decreto Sostegni bis.

Al pacchetto è stata aggiunta anche la cancellazione dell’imposta di registro e delle imposte sul mutuo, questa valida per tutti i giovani, a prescindere dal reddito.

Per tutti gli under 36 sono dunque azzerati completamente i costi dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale. Tagliate anche le imposte sostitutive sui finanziamenti per l’acquisto della prima casa.

La garanzia di Stato all’80% riguarderà i giovani meno abbienti selezionati secondo determinati criteri, come l’Isee, che con ogni probabilità dovrà essere sotto i 40.000 euro.

Il Fondo di Garanzia Mutui Prima Casa, già costituito, verrà finanziato con altri 55 milioni di euro e verrà prorogato al 31 dicembre 2022.

Si stima che con queste misure, considerando l’acquisto di un immobile di nuova costruzione di 200mila euro, si risparmierebbero più di 8mila euro, e oltre al risparmio, con l’estensione della garanzia di Stato sarà generalmente più facile accedere al mutuo.

Misure che, unite ai tassi ridotti al minimo di questo periodo, potrebbero stimolare l’apertura di diversi nuovi mutui tra i giovani.

Segnali positivi sul fronte mutui e prestiti, che nel primo trimestre del 2021 sono tornati a crescere sia per quanto riguarda il numero delle domande sia nell’importo medio: lo confermano i dati analizzati dal Sistema di Informazioni Creditizie di Crif. E quasi una richiesta su tre arriva da giovani under 35.

Mutui e finanziamenti: superati i livelli pre Covid

Rispetto al primo trimestre del 2020 si nota un incremento complessivo del 9,6% dovuto soprattutto alla straordinaria crescita registrata a marzo (+ 55,8%). Ma il confronto con l’anno in cui è scoppiata la pandemia, e in particolare con il mese del primo lockdown, è poco indicativo. Per comprendere la rinnovata fiducia delle famiglie italiane è meglio analizzare i numeri assoluti, dai quali emerge che le richieste di mutui e surroghe rilevate tra gennaio e marzo del 2021 è il più alto degli ultimi 9 anni.

Cresce l’importo medio delle richieste

La tendenza è la stessa anche osservando l’importo medio richiesto, che si attesta intorno ai 136mila euro: non solo è cresciuto del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2020, ma è anche il valore più alto dal 2013 a oggi.

All’interno di questo quadro notiamo che l’importo più richiesto dalle famiglie italiane (una su tre) va dai 100 ai 150mila euro, mentre al secondo posto (25% del totale) c’è la classe di importo che oscilla tra i 150 e i 300mila euro.

Mutuo sì, ma rate più lunghe

La propensione degli italiani a limitare le uscite in questo momento storico particolare emerge dalla durata dei mutui: la classe più richiesta è infatti quella tra i 26 e i 30 anni (26,4% delle domande complessive, + 3,9% rispetto al primo trimestre 2020). In generale, 8 domande su 10 prevedono un rimborso in più di 15 anni.

Se guardiamo infine all’età dei richiedenti, notiamo che i giovani sono i più propensi a rivolgersi agli istituti di credito: quasi una domanda su 3, infatti, è arrivata da persone under 35 (33,5% fascia 35-44 anni, 26,8% 25-34 anni).

Sono sicuramente incoraggianti i dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) dell’Agenzia delle Entrate, che ritraggono il mercato nazionale in ripresa.

Le statistiche sull’ultimo trimestre del 2020 sembrano rafforzare il trend di crescita avviatosi durante la scorsa estate e mostrano segni positivi su tutti i segmenti del settore: la compravendite delle abitazioni chiudono l’anno con un +8,8%; il non residenziale registra addirittura un incremento a doppia cifra, con un +12,1%.

Il boom del mercato non residenziale

Per il settore del non residenziale l’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate segnala la crescita più alta mai registrata negli scorsi quattro anni. Dopo il +5,4% registrato nel periodo luglio-settembre 2020, il periodo ottobre-dicembre 2020 raggiunge quota +12,1%.

Più nello specifico, il quadro dettagliato delle compravendite si compone così:

  • uffici e studi privati: 3.764 scambi (+8,1%);
  • negozi e laboratori: 9.581 (+2,2%);
  • depositi commerciali e autorimesse: 20.112 (+20,4%);
  • edifici commerciali, alberghi, pensioni, istituti di credito ed uffici pubblici: 1.713 (-5,1%).

Da non dimenticare capannoni e industrie del settore produttivo, le compravendite dei quali hanno raggiunto il primo segno positivo del 2020 (+9,3%), dopo i cali consistenti degli altri tre trimestri.

Abitazioni, +8,8%. Volano le vendite di cantine, soffitte, posti auto

L’Agenzia delle Entrate rileva che nell’ultimo trimestre del 2020 sono state quasi 15mila in più le abitazioni vendute rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo quota 183.381 unità scambiate. E si conferma una tendenza già nota, che consiste in una predilezione per i centri urbani più piccoli: la crescita è stata infatti più marcata nei comuni minori (+11,8%) rispetto ai comuni capoluogo (+2,9%).

Come rilevato dal nostro Ufficio Studi, “più spazio” è il mantra di chi ha cercato casa nell’ultimo anno. Anche i dati dell’Omi confermano l’accresciuta propensione ad acquistare, insieme all’abitazione, uno spazio pertinenziale. Gli scambi di cantine e soffitte, infatti, sono aumentati del 48,3%, con incrementi notevoli soprattutto nelle aree del Nord-Ovest (+71,2%), del Nord-Est (+56,4%) e del Centro (+42,8%). Il mercato dei box e dei posti auto segue a ruota (+11,1%), dopo la debole ripresa già registrata nel trimestre precedente (+4,3%).

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