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Eredità, prima del “sì” occhio a eventuali debiti

Eredità, prima del “sì” occhio a eventuali debiti

La decisione di accettare o meno un’eredità può non essere scontata. Quando parliamo di eredità, nel linguaggio comune intendiamo l’acquisizione di beni che erano di proprietà della persona venuta a mancare, ma in realtà l’erede subentra al defunto anche negli eventuali debiti e passività, magari riguardanti solo imposte non pagate, cosa che oggi può accadere abbastanza di frequente. Per questo, in presenza di un’eredità, può essere utile porsi il problema dell’accettazione. Si può accettare un’eredità in maniera espressa oppure tacita.

Accettazione espressa o tacita
L’accettazione espressa consiste nella dichiarazione contenuta in un atto scritto (atto pubblico o scrittura privata) di accettare l’eredità, compiuta dal chiamato all’eredità. L’accettazione tacita, la più ricorrente nella prassi, consiste nel compimento da parte del chiamato all’eredità di un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe potuto compiere se non in quanto erede.

L’erede subentra
A seguito dell’accettazione espressa o tacita il chiamato all’eredità diventerà erede puro e semplice, cioè subentrerà – proporzionalmente alla sua quota nel caso vi siano altri eredi – con effetto dal momento in cui si è aperta la successione, nella posizione giuridica del defunto e dovrà rispondere con il proprio patrimonio degli eventuali debiti ereditari. Ne consegue che, se le passività sono di valore superiore a quello delle attività, l’erede subirà un pregiudizio patrimoniale, dovendo attingere dal proprio patrimonio le risorse per estinguere i debiti ereditari (eredità passiva). L’accettazione di eredità determina pertanto per l’erede la “confusione dei patrimoni”. Per evitare l’effetto della confusione dei patrimoni, il chiamato all’eredità potrà, in alternativa:

Rinunciare all’eredità
Soluzione consigliata se si ha la certezza che l’eredità è passiva e salvi gli effetti della rappresentazione, cioè del meccanismo per il quale, se il rinunciante è discendente del defunto o di fratello o sorella del defunto, a seguito della rinuncia subentrano i suoi figli, che dovranno preoccuparsi a loro volta di rinunciare.

Sì con beneficio di inventario
Soluzione preferibile se non vi è certezza che l’eredità sia passiva, ma non si vuole correre il rischio di incorrere nella confusione dei patrimoni. L’accettazione di eredità con beneficio di inventario è uno speciale tipo di accettazione espressa (non esiste l’accettazione tacita con beneficio di inventario) che deve essere compiuta mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del distretto in cui si è aperta la successione. Entro un anno dalla morte va presentata presso l’Agenzia delle Entrate dell’ultimo domicilio del defunto la dichiarazione di successione, con l’elenco dei beni immobili e il saldo di conti correnti e dossier titoli. Contestualmente viene pagata una somma pari al 3% del valore dichiarato degli immobili, a titolo di imposte ipotecarie e catastali. Queste si riducono a due imposte fisse di 200 euro ciascuna per l’eventuale prima casa, nel caso uno degli eredi possa richiedere le relative agevolazioni. In seguito verrà richiesta dall’Ufficio l’imposta di successione, ma solo se il valore dell’asse ereditario supera le franchigie previste dalla legge, che variano in funzione del grado di parentela fra defunto ed eredi. Per il caso più frequente, cioè l’eredità destinata al coniuge e ai figli, la franchigia è di un milione di euro per ciascun erede.